Chi la Pensa a Modo Suo Può Conquistare l’Everest

Quella che sto per raccontare è la storia di una donna che ha conquistato la vetta più alta del mondo. Una missione considerata praticamente impossibile per una donna a quel tempo e nel paese in cui era cresciuta. La sua storia mi è piaciuta molto perché per conquistare le vette più alte non ha avuto paura di affrontare il giudizio degli altri.

Il chiodo che sporge va preso a martellate” dice un vecchio proverbio giapponese. Significa che chi la pensa a modo suo non è ben accetto. E Junko Tabei lo sa bene. Inizia a scalare a 10 anni. Nel 1969, dopo aver completato gli studi universitari, fonda un club di alpinismo femminile. “Le donne devono stare a casa” dicono in tanti. “Devono allevare i figli, servire il tè. Scalare è una cosa da maschi.”

Junko incurante di ciò che pensa la gente conquista il Monte Fuji, il Cervino e tante altre vette. Finanzia le sue spedizioni dando lezioni di piano. È lei stessa a confezionarsi i pantaloni e i guanti impermeabili ricavandoli da vecchie tende e teli.

Nel 1970, il giornale Yomiuri Shimbun e la Nihon Television decidono di organizzare una spedizione esclusivamente femminile per la conquista dell’Everest, la vetta più alta del mondo e Junko è tra le 15 donne selezionate per l’impresa.

La spedizione rischia di finire in tragedia quando il 4 maggio 1975 una valanga seppellisce il Campo 2 dell’Everest. Non ci sono vittime. Junko è ancora più determinata. Ci vogliono due giorni per riprendere a camminare, poi prosegue la scalata con un vento fortissimo, neve instabile e raggiunge la vetta il 18 maggio, diventando la prima donna a conquistare l’Everest. Nel 1992 è anche la prima donna ad aver scalato le Seven Summits, le sette cime più alte del mondo.

Perché ho deciso di raccontare questa storia? Perché ci sono tante lezioni che si possono imparare da questa storia. Non solo Junko non ha ascoltato il giudizio degli altri, ma ha superato tutte le avversità che gli sono capitate davanti pur di raggiungere il suo obiettivo.

Cosa gli ha permesso di realizzare il suo sogno?
Aveva uno scopo più alto: seguire una passione e lottare per i suoi valori di uguaglianza. Il suo scopo le ha dato la motivazione per affrontare tutte le difficoltà e trovare risorse, soluzioni, opportunità e strategie che le hanno permesso di andare avanti. E credeva di poterlo fare, quindi anche di fronte a una situazione limite che avrebbe fatto desistere chiunque ha continuato ad avanzare e ha conquistato l’Everest!

L’Everest può essere la metafora di qualsiasi obiettivo che ora ci sembra difficile da raggiungere, quasi impossibile. Ma la storia di Junko, come tantissime altre storie del passato e del presente, dimostrano che se metti a fuoco uno scopo in cui l’intenzione è avere un impatto positivo non solo su noi stessi, ma anche sugli altri e colleghi quello scopo a qualcosa che ami a tal punto che quando lo fai perdi il senso del tempo, ti senti vivo/a e appagato/a e non ti importa cosa possono pensare gli altri, allora qualsiasi obiettivo diventa realizzabile. Lo scopo, la passione e credere di poterlo fare ti serviranno per mantenere alto focus, motivazione, volontà, coraggio, determinazione anche di fronte a giudizi, critiche, imprevisti, rischi e momenti bui. Non ci credi? Provaci!

La storia di Junko Tabei è tratta da “100 Storie di Atleti per piccoli e grandi campioni” di Giorgio Cabello.

Cosa ne pensi di questa storia? Qual’è il tuo Everest? E cosa sei disposto/a a fare per raggiungerlo? Lascia pure i tuoi commenti qui sotto oppure  scrivimi. Sarò felicissima di leggere e rispondere ai tuoi messaggi.

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