Specchio Specchio, chi è la più bella, brava, intelligente?

Mi capita spesso di lavorare, conoscere, incontrare donne belle e in gamba che svolgono lavori a contatto con le persone e che apparentemente sembrano condurre una vita piena, felice, di successo. Ma scopro spesso che questa è solo una “facciata” determinata dalle aspettative sociali – e soprattutto dalle aspettative della cerchia di persone che compongono il nucleo che ruota intorno a queste donne.

Il problema è che tutto si svolge in modo inconsapevole senza che le dirette interessate se ne rendano conto. O meglio una parte di loro ne è consapevole, ma purtroppo l’altra parte ha preso completamente il sopravvento.

La pressione delle aspettative è più forte di qualsiasi spinta interiore a far uscire la parte di sé più consapevole, autentica, vera. Non c’è vittima o carnefice. Si tratta di un processo silenzioso che avviene senza premeditazione e che porta a fare delle aspettative un fardello che controlla la propria vita.

Non che queste persone siano false. Non lo sono mai intenzionalmente. È come se ci fosse una sorta di dissociazione interiore. Possono addirittura arrivare a credere e pensare di recitare un personaggio per riuscire a non soccombere al peso e alla fatica di gestire questo sé un po’ ingombrante.

Mi riferisco al sé che finisce per identificarsi con queste aspettative e farle proprie senza minimamente metterle in discussione.

Dietro a queste donne c’è una grande insicurezza dovuta al fatto di voler (com)piacere agli altri, sentirsi ammirate e stimate e, soprattutto, accolte e amate. C’è, quindi, una profonda vulnerabilità: un sentirsi non brave, belle o intelligenti abbastanza, il terrore di non rispondere alle aspettative e di non essere accettate.

Questo processo è amplificato ancora di più dai social che oggi – più che mai -favoriscono la spettacolarizzazione della propria vita. E così mostrarsi in ogni momento della giornata è diventato una moda.

C’è chi mostra solo i momenti felice, c’è chi, invece, per rompere gli schemi, mostra anche i momenti meno felici con l’intenzione di empatizzare e aiutare persone che magari si trovano nella stessa situazione.

Ma in fondo qual è la ragione vera che ci spinge a farlo? A cosa serve condividere continuamente le proprie esperienze e vite? È davvero così educativo?

La risposta a cui sono arrivata è che questo tipo di comportamento spesso non fa che alimentare l’insicurezza e la spinta ad apparire in un certo modo.

Ho sempre pensato che condivisione fosse una parola bellissima, ma credo che ci sia condivisione e condivisione. E che condividere sia un atto di responsabilità e di umiltà.

Credo che sia fondamentale che ogni donna, uomo, persona segua un proprio personale processo di crescita in cui una buona fetta del viaggio sia condotto in solitaria. Non significa da soli. Vuol dire lasciar andare i riferimenti certi del passato per entrare in uno spazio nuovo e libero in cui poter davvero conoscere sé stessi, prendere consapevolezza e lasciar andare le aspettative, le paure, gli schemi che abbiamo acquisito negli anni e che le persone del nostro nucleo rafforzano inconsapevolmente giorno dopo giorno.

La sicurezza si costruisce attraverso un percorso in cui ci si guarda allo specchio e si prende consapevolezza del proprio sé fatto di tanti aspetti che hanno bisogno di trovare un equilibrio prima di fare qualsiasi scelta importante rispetto a chi si è e ciò che si vuole.

“Fai attenzione a quello che desideri perché potresti ottenerlo” è una frase molto vera. Se si desidera qualcosa prima di aver fatto questo lavoro su sé stessi, si rischia di rimanere bloccati in un personaggio e in una vita che non ci appartiene con tutte le conseguenze che questo comporta a tutti i livelli – psicologico, emotivo, energetico, ecc. E ciò che ne risentirà più di tutti sarà la nostra felicità.

Non saremo mai davvero felici e in pace qualsiasi siano le scelte e i traguardi che raggiungeremo. Ci saranno sempre piccoli o grandi eventi che torneranno a ricordarci che qualcosa non va.

L’inconscio busserà alla nostra porta nei momenti più disparati per comunicarci di guardare là dove non stiamo guardando, per spingerci a fare finalmente qualcosa di concreto per uscire da questa “realtà apparente” che abbiamo creato.

Occorre essere disposte a passare attraverso il dolore, la paura – a volte anche l’ansia e l’angoscia – le incertezze, il vuoto, il silenzio, la solitudine (tutto ciò da cui scappiamo). Occorre prendere per mano il nostro sé vulnerabile e accompagnarlo, rassicurarlo, sostenerlo in questo viaggio con amore, compassione, impegno, dedizione, umiltà, gratitudine, fiducia e responsabilità. Solo così avremo la possibilità di uscire da questa prigione interiore per liberare e dare piena espressione a noi stesse e a tutta la nostra bellezza.

Cos’è in fondo la bellezza?

La bellezza non è né interiore né esteriore, la bellezza è qualcosa che riempie il cuore di gioia. Basta solo starle vicino per sentirla ed esserne travolti positivamente. Quando la senti, tutto dentro e fuori è pace e serenità.

Sei disposta a creare questa possibilità per te? Quello che posso dirti, per mia esperienza, è che ne vale davvero la pena. Quindi spero tanto che la tua risposta sia sì e che oggi tu scelga di iniziare a fare quel passo significativo per creare una vita autentica e felice.

Trust your gut! (Fidati del tuo istinto).


I commenti sono chiusi.